ALEARDO PAOLUCCI: OPERE RECENTI: 2002 – 2008

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13 DICEMBRE 2008 – 5 MARZO 2009
La terra toscana è così ricca e feconda nel campo dell’arte da permettersi di poterci regalare un altro suo artista, Aleardo Paolucci, che con le sue opere porterà nell’industriosa e frenetica Prato un poco della tranquillità della campagna senese, in particolare di Pienza, sua città natale, un gioiello architettonico unico al mondo. La mostra verrà inaugurata sabato 13 dicembre alle ore 17.30 nei locali della Sede provinciale di Confartigianato imprese Prato (viale Montegrappa 138 – PRATO). CONFARTE e la Consulta Cultura & Società sono liete di poter ospitare questo raffinato Maestro pientino i cui lavori riescono a trasmettere tutti quei meravigliosi colori di un angolo della Toscana tra i più apprezzati nel mondo. Paolucci dipinge da moltissimi anni e nel corso della sua vita artistica ha partecipato ad innumerevoli mostre e concorsi, riscuotendo sempre grandi consensi. Nel 1996 ha disegnato per le Poste Italiane il bozzetto di un francobollo turistico dal titolo: “Pienza città d’autore”. Ha collaborato anche con la RAI nella realizzazione di vari programmi televisivi ed ha dipinto 3 drappelloni per il Palio di Siena.

Hanno scritto di lui:
Il mirifìco paesaggio, il chiaro ambiente umano dell’Orcia hanno un perspicuo rispecchiamento nella pittura di Aleardo Paolucci che vi è nata e vi si è negli anni affinata, rimanendovi sempre fedele pur nella sua evoluzione. Il territorio nativo coincide in questo solitario artista con il suo “luogo”. È bene aggiungere subito che l’incontro dell’arte di Paolucci con quel “luogo” è un incontro reale e reciproco: in ogni casa, in ogni locale importante di Pienza c’é un suo dipinto e c’é cordialmente, perché chi lo ha acquistato e lo ha appeso alla parete vi riconosce qualcosa di suo e di comune, così come suo e comune l’ha sentito l’artista – e lo si percepisce. È un legame che l’arte del nostro secolo è stata poche volte in grado di stabilire: le sue avventure l’hanno por­tata a spezzarlo o a complicarlo. Amore e fascinazione del luogo non hanno però soggiogato Pao­lucci fino al punto da obbligarlo a operare sulla pura mimesi. Di puntualità e di aderenza al vero ce ne sono, ma la libertà di ricerca dell’artista trasforma in modo assai più efficace quel rap­porto con il suo oggetto. Le splendide, le aride, deserte, luminose crete dell’Arbia e dell’Orcia hanno tentato molti pittori. Paolucci si discosta dalla linea dominante tra quella assai folta schiera, non vuole pagare il pedaggio alla suggestione del vedutismo. Egli, indigeno e connaturato, non ha bisogno di definire dall’esterno i connotati del suo mondo, ma lo vive senza enfasi, nei tagli e nei particolari del quotidiano. (MARIO LUZI)
Le pitture di Aleardo Paolucci costituiscono un panorama abbastanza esatto della evoluzione di questo artista toscano che è riuscito a rendere il suo racconto stringato ed efficacissimo. Una pittura costruita o meglio ricostruita dopo alcune frantumazioni che vanno ricomponendosi per tratti di superfici quasi campite e danno l’idea studiata di spazio e di volume. Le sintesi conse­guite nel ricomporre certe emozioni che le figure popolane o le scene di lavoro nei campi provoca­no nell’incontro sempre umano col pittore di Pienza trovano una esatta collocazione nel qua­dro; e la tavolozza vivace sottolinea al giusto pun­to i valori centrati nella composizione. (TOMMASO PALOSCIA)
C’è una malinconia sottile nei quadri di Paolucci ed anche una sostanziale letizia. La sua pittura accarezza il flusso del tempo, lo carica di vibrazioni allusive ed il ciclo dei giorni perduti si profonde nell’ora immobile segnata da orologi e meridiane, da tronchi d’albero in proscenio attraverso i quali l’occhio si immerge, sino a perdersi, nella luce dei campi e delle crete. I suoi vecchi, ritratti in muti colloqui, riassumono groppi di esistenze sui quali aleggia ancora la pena che fu la vita, quei volti solcati da rughe antiche, testimoni di una fatica vissuta con amore. Paolucci è anche il poeta di questi sguardi che l’uomo e la donna si scambiano quando ciò che doveva essere è già avvenuto e l’incanto del futuro si è trasformato nella dura scorza del ricordo che pure è pegno e garanzia di durata, fedeltà di stirpi e di generazioni. Racconta, Paolucci, come un amanuense, le opere e i giorni di una civiltà che si riconosce ancora nel segno unitario del tuttotondo. Creature ed oggetti, case ed alberi, animali e bam­bini scandiscono piani luminosi e smaglianti oppure opachi di colori morti ma riportati al nitore della luce attraverso uno scatto cromatico che pulisce la stesura, la rende trasparente anche quando su di essa sembra addensarsi il peso della materia. E’ una misura classica, è stato detto e non possiamo non ripeterlo, una misura nella quale si miscela il mestiere e l’ispirazione, è la salda compostezza “rinascimentale” dei ritratti non meno della rigorosa tenuta costruttiva dei suoi paesaggi, delle case assiepate su colli abbandonati al vento o riportate in primo piano come per un gioco prospettico sorridente e malizioso, aperte, spa­lancate si direbbe, dinanzi agli occhi dello spettatore invitato ad entrarvi non da ospite ma da padrone, coinvolto con familiare confidenza nelle sequenze illusionistiche del teatro che spesso ammicca dai suoi dipinti. (MARIO SPECCHIO)
La sua consuetudine con la grande pittura senese è assai evidente, come lo è quella con i paesaggi della Valle e con la Storia della sua terra in cui pare che misu­ra rinascimentale e armonia naturale si si­ano unite per dare vita ad una straordina­ria combinazione lirica. Paolucci ha respi­rato una cultura, un certo modo di cogliere i rapporti con lo spazio, con l’aria e con la luce, così come la vista si è ingentilita e acuita posandosi sugli ori delle Madonne di Simone e di Piero: il suo felice vizio di narrare per sequenze le vicende paesane di oggi trova riscontro nelle opere degli antichi i quali raccontavano “storie” sulle pale degli altari. Tanti hanno parlato delle sue origini di pittore, dei suoi interessi cultu­rali, didattici, sociali, ma a me sta a cuore di capire le modalità di approccio di un artista così riservato come Paolucci con quegli elementi realistici che pur gli respi­rano attorno e che rappresentano una stimolazione genuina e continua al suo modo di “fare pittura”. Perché, alla fine, ogni in­dagine seria deve confluire nello studio di quella metodologia creativa che – coscien­te o meno l’artista – alimenta la sua curio­sità inventiva e scandisce le fasi della sua operazione pittorica.
(DINO CARLESI)

INAUGURAZIONE: Sabato
13 dicembre 2008 alle ore 17.30 presso la Sede Provinciale di Confartigianato Imprese Prato (viale Montegrappa 138 – PRATO). Nell’occasione verrà distribuito il catalogo della mostra. Seguirà un piccolo buffet. L’ingresso è libero.

ORARIO D’APERTURA AL PUBBLICO
Dal lunedì al giovedì 8.30-13.00 14.30.18.00
Venerdì 8.30-13.00 (su richiesta apertura nel pomeriggio).

DURATA: Dal 13 dicembre 2008 al 5 marzo 2009.

PER MAGGIORI INFORMAZIONI: Tel. 0574/51771 infocultura@prato.confartigianato.it
www.prato.confartigianato.it

PATROCINIO: Comune di Pienza, Comune di Prato, Provincia di Prato e Agenzia per il Turismo di Prato.

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